Nella mia provincia, fino ad una trentina di anni fa, in ogni famiglia c'era l'usanza di preparare il pane in casa; Il tradizionale forno in pietra aveva un posto di riguardo nella casa e ogni settimana le donne si cimentavano in questo lavoro. La voglia di modernità che quando ci abbaglia ci fa dimenticare le nostre vere radici, ha fatto si che ormai questa bellissima tradizione si sia persa, un po' perchè la maggior parte delle donne lavora, un po' perchè questi saperi sono stati via via dimenticati. Negli ultimi anni, per fortuna si è tornati a rivalutare la particolarità del nostro pane "di pasta dura" ,come viene chiamato dai non ragusani, che non ha eguali in tutta l'isola.
Per curiosità vi voglio mostrare gli attrezzi che si usavano un tempo (questi sono della mia mamma) oggi soppiantati da impastatrici moderne.
Vi mostrerò come realizzare questo pane meraviglioso anche a casa vostra, per gustare la fragranza di un pane unico nel suo genere.
Cominciamo dal lievito: non si usava lievito di birra ma quello naturale chiamato "criscenti": ricordo che veniva conservato in un barattolo di vetro con un goccio d'olio in superficie per non fargli fare la crosta. La sera prima del giorno in cui si doveva panificare, si impastava la "lavatina": in pratica si aggiungevano al "criscenti" acqua e farina in modo da rinfrescare ed aumentare la massa lievitante. Ricordo che mia mamma, per insegnarmi l'arte del saper fare il pane, la faceva impastare a me. Questo impasto veniva messo al caldo coperto per bene. Se adoperate il lievito madre calcolate che la "lavatina" deve essere un terzo rispetto all'impasto del pane; se usate il lievito di birra, calcolate 5 g per 2 Kg di farina.
L'indomani sciogliete con le mani e l'acqua tiepida il lievito madre, quindi aggiungete la semola di grano duro.
Io ho usato una farina prodotta da un mulino di Modica che usa una varietà autoctona di frumento che si chiama "russello". L'impasto dovrà avere una consistenza molto soda (da qui il nome pane a pasta dura).
Adesso bisogna modellare le forme tradizionali: questa tipica ad esse si chiama "pistolu";
quest'altra "cucchia maritata";
questa invece è la tipica "ragusana". Le forme di pane (ognuna realizzata con 500 g circa di pasta) vanno messe a lievitare ben coperte per un paio d'ore se fa freddo, meno nella bella stagione.
Un'altra forma tradizionale è " a cacuorcila" a Scicli o "scaccia ri tumazzu" a Modica: prendete un pezzo di pasta e formate un lungo salsicciotto; formate un incavo al centro con il pollice e farcite di cubetti di ragusano DOP o caciocavallo stagionato. Arrotolate a spirale e schiacciate formando una girella.
Eccola qui, con i tipici decori fatti con la lama del coltello.
Per vedere se il pane aveva il giusto grado di lievitazione, mia mamma ne prendeva uno in mano e con l'altra vi batteva sopra: se il rumore era cupo e tonante il pane era pronto da infornare. Un metodo più facile che uso io è quello di premere con il polpastrello dell'indice: se l'incavo creato torna su vuol dire che ci siamo. Il forno che ho usato oggi è più moderno ma è sempre in pietra. 45 minuti circa di cottura a 200 ° e...
eccolo qua: profumatissimo, croccante, dal sapore di grano e di fuoco, indescrivibile! Spaccato a metà, appena sfornato e condito con olio extravergine d'oliva, sale e origano è il "pani cunzatu" un'altra specialità della mia terra!