"Fari u strattu" nella mia provincia, Ragusa, non è una preparazione culinaria come altre, è un vero e proprio rito a cui tutta la famiglia deve sottostare. Ognuno, dai più piccoli ai più grandi,ha un ruolo adeguato all'età e al fisico; è un'operazione lunga, dura almeno tre giorni e non ci si possono concedere pause e distrazioni perchè il risultato potrebbe essere fatalmente compromesso. Quando ero piccola il mio compito era quello di girare la manovella della macchina spremipomodoro e poi quello più divertente di "riminare" quelle distese di passata di pomodoro nelle "maidde" al sole: durante quella continua operazione nelle ore più assolate della giornata, ci si abbronzava e si diventava di colore rosso fuoco; ogni tanto un dito si tuffava in quella crema golosa per leccarlo di nascosto. I grandi invece dissertavano se la luna fosse nel quarto propizio o se il vento fosse quello giusto: il terrore era ed è lo scirocco che invece di far addensare il pomodoro lo fa inacidire; bisognava far attenzione che le mosche, golose anche loro, non si tuffassero in quel mar rosso. Quando poi diventava denso come marmellata si teneva ancora qualche giorno "o friscu" in modo che si stabilizzasse, quindi veniva riposto nei vasi di vetro, più anticamente invece erano di terracotta "i stipa" e conservato per i sughi ghiotti dell'inverno. Ora sempre meno famiglie si dedicano a questo rito, specialmente se non si ha la possibilità di una casa in campagna o di un terrazzo abbastanza ampio: la tradizione va via via abbandonata dalle nuove generazioni.
Gli ingredienti sono tre: pomodori, sale, sole.
I pomodori devono essere perfettamente maturi e di ottima qualità: scegliere accuratamente la provenienza per evitare che siano stati trattati con prodotti chimici. Io ho un cugino generoso che mi ha regalato questi splendidi pomodori, la cui dolcezza mi accompagnerà tutto l'inverno. I pomodori vanno lavati e messi a cuocere in grandi pentole di alluminio.
Si fa cuocere fino a quando si sarà spappolato completamente. La quantità di sale è la vera magia dell'operazione: non ci sono ricette codificate ma la sapienza dell'esperienza che fa rispondere a mia madre quando glielo chiedo " chiddu gghiustu" (trad. quello giusto); non ci sono bilance, ma l'occhio esperto e i pugni pieni di sale grosso. La modernità ha suggerito delle varianti nella conservazione: per motivi salutistici abbiamo diminuito la quantità di sale perchè per una sicura conservazione ci avvaliamo del freezer.
Si passa il pomodoro: ormai la macchina non ha la manovella ma è elettrica ed è tutto molto più veloce.
Si versa la passata nelle "maidde" grandi contenitori di legno che fanno parte del corredo di ogni famiglia.
Quindi si comincia a mescolare di continuo con un cucchiaio di legno in modo da far evaporare più velocemente l'acqua.
Dopo alcune ore già si vede la differenza.
Il giorno dopo, quando sarà molto denso, lo togliamo dal sole e lo facciamo asciugare ulteriormente in un luogo fresco e ventilato, dopo di che lo sistemiamo in contenitori di plastica che andranno riposti in freezer. Quando non c'era l'elettricità, si conservava in barattoli di vetro mettendo sulla superficie a contatto con l'aria, una manciata di sale.