lunedì 27 novembre 2017

Torta delle 4 M: miglio, miele, mandorle e mele




Pesare 150 g di miglio.



Lavatelo bene con acqua fredda.


In un pentolino fate bollire dell'acqua pari al doppio del volume del miglio: aggiungete la buccia di un limone e quando avrà raggiunto l'ebollizione 50 di miele. Versate in questo sciroppo il miglio e fate cuocere per almeno un quarto d'ora, fino a quando avrà assorbito tutto il liquido.


Mettetelo in una ciotola e fate raffreddare completamente.


Intanto in un'altra ciotola montate 2 uova intere con un pizzico di sale e 50 g di zucchero.



Quando saranno belle spumose, aggiungete 125 g di yogurt alla vaniglia.



Usando lo stesso vasetto dello yogurt, riempitelo a metà con olio di semi e aggiungetelo all'impasto.


Unite il miglio ormai freddo e mescolate bene.


Ora è il turno delle polveri: 70 g di farina 00, 1 bustina di lievito, buccia grattugiata di un limone, polvere d'arancia o buccia grattugiata di una arancia.


E per finire aggiungete 50 g di gocce di cioccolato fondente.


Sistemate l'impasto in una teglia imburrata e infarinata; sulla superficie sistemate delle fettine di mele che avrete cosparso di succo di limone e zucchero.


E per finire completate con mandorle a lamelle su tutta la torta (circa 40 g). Infornare a 180 ° sulla parte alta del forno per 45/60 minuti. Controllare con lo stuzzicadenti se è asciutta all'interno.



Eccola in tutto il suo splendore! Devo confessarvi che per me è stata una magica scoperta: ho elaborato questo mix di ingredienti per partecipare al contest di Consuelo Tognetti, ma non avrei mai potuto immaginare che il risultato fosse così strepitoso. E dire che prima d'ora non avevo mai utilizzato il miglio! Sarà la fortuna del principiante? Comunque devo dire grazie a Consuelo che mi ha stuzzicato la creatività!




venerdì 24 novembre 2017

Biscotti di farro al miele e cioccolato


Una variante golosa dei biscotti che preparo di solito per la colazione: 500 g di farina di farro, 150 g di miele, 3 uova, 150 g di strutto o burro, buccia grattugiata di limone, cannella, vaniglia, 1 bustina di lievito, cioccolato fondente.


Setacciate la farina e aggiungete tutti gli aromi.


Unite gli altri ingredienti e impastate: se l'impasto dovesse risultare duro aggiungete quanche cucchiaino di latte.


Formate dei bastoncini (con le mani e poi li rigate con una forchetta oppure con la macchina dei biscotti). Tagliateli in pezzi da 16/20 cm.


Dategli una forma ad U e sistemateli su una placca da forno. Infornate per 15 minuti a 180°.



Sfornateli, fateli raffreddare e intingete le estremità nel cioccolato fuso, Fate solidificare e spolverizzate di zucchero a velo.


Eccoli! Ingolositevi!

mercoledì 22 novembre 2017

Quadrotti di frolla alle mele cotogne


Avendo un albero di cotogne, che generosamente mi regala una raccolta abbondante di frutti ogni anno, mi piace utilizzarle in tanti modi oltre che per la preparazione della famosa cotognata o della gelatina da abbinare ai formaggi. Questi morbidissimi biscottoni sono andati a ruba non appena sfornati.


Preparare una frolla con 350 g di farina 00, 150 g di burro, 3 uova, buccia di limone grattugiata, 150 g di zucchero, un pizzico di sale, un cucchiaino di lievito.


Farla riposare in frigo almeno una mezz'oretta.


Per il ripieno ci serve 300 g di purea di cotogne bollite, 100 g di zucchero, buccia grattugiata di un limone e cannella. 


Stendere con il mattarello la frolla spolverizzando il piano con un velo di farina. Posizionare una cucchiaiata di ripieno  in mucchietti distanziati.


Ricoprire con un altro strato di frolla e con uno stampo per ravioli formare i quadrotti (oppure semplicemente con una rotella tagliapasta). Sistemarli su una placca da forno.

  
Io ho voluto decorare i bordi con una forchetta. Infornare a 180° per una ventina di minuti.


Eccoli appena sfornati! Fare raffreddare, completare con una nevicata di zucchero a velo e gustarli!


giovedì 16 novembre 2017

Il pane di casa a Scicli: nel segno della tradizione



Nella mia provincia, fino ad una trentina di anni fa, in ogni famiglia c'era l'usanza di preparare il pane in casa; il tradizionale forno in pietra aveva un posto di riguardo nella casa e ogni settimana le donne si cimentavano in questo lavoro. La voglia di modernità che quando ci abbaglia ci fa dimenticare le nostre vere radici, ha fatto si che ormai questa bellissima tradizione si sia persa, un po' perchè la maggior parte delle donne lavora, un po' perchè questi saperi  sono stati via via dimenticati. Negli ultimi anni, per fortuna si è tornati a rivalutare la particolarità del nostro pane "di pasta dura" ,come viene chiamato dai non ragusani, che non ha eguali in tutta l'isola. Si aggiunga anche la riscoperta delle farine prodotte con grani antichi, ad esempio quella di Timilia o di Russello, che rendono il pane un'opera d'arte del gusto.


Per curiosità vi voglio mostrare gli attrezzi che si usavano un tempo (questi sono della mia mamma), oggi soppiantati da impastatrici moderne.
Vi mostrerò come veniva realizzato questo pane meraviglioso utilizzando per l'appunto tali attrezzi.


                                     

Si passa la semola attraverso un crivello, "u crivu" in dialetto, con le mani si crea un cratere al centro dove verrà inserito il lievito, l'acqua e il sale.
Cominciamo dal lievito: una volta non si usava lievito di birra, ma quello naturale chiamato "criscenti": ricordo che veniva conservato in un barattolo di vetro con un goccio d'olio in superficie per non fargli fare la crosta. La sera prima del giorno in cui si doveva panificare, si impastava la "lavatina": in pratica si aggiungevano al "criscenti" acqua e farina in modo da rinfrescare ed aumentare la massa lievitante. Ricordo che mia mamma, per insegnarmi l'arte del saper fare il pane, la faceva impastare a me. Questo impasto veniva messo al caldo coperto per bene. Se si adopera il lievito madre calcolate che la "lavatina" deve essere un terzo  rispetto all'impasto del pane; se  si usa il lievito di birra, calcolate 5 g per 2 Kg di farina.
Si aggiunge acqua tiepida gradualmente fino ad ottenere un impasto abbastanza sodo. Quando tutta la farina sarà stata aggregata, si posiziona l'impasto al centro della "briula", si inserisce un'asta di legno chiamata "briuni" e si comincia a lavorare con movimenti in sincrono che sembrano quasi una danza: una persona ha il compito di far girare "u pastuni" in modo che tutto venga pressato dai movimenti verticali e ritmici dell'asta che scende a intervalli regolari.

                                     

Quelle che vedete sono le sapienti mani di mia madre che con molta pazienza ci tramanda il suo sapere.


E queste sono le nuove generazioni che si cimentano nell'impresa dello "scaniare" l'impasto. 



Quando l'impasto sarà liscio ed elastico, si passa alla porzionatura: anticamente prima di tagliare i pezzi si incideva una croce e durante questo atto si recitava la formula: "Patri, Figghiu, Spiritu Santu, pozza crisciri nautru tantu".


Ogni pezzo viene lavorato con le mani in modo da conferirgli la forma desiderata:


questa ad esse viene chiamata "pistolu",


questa invece "cucchia maritata",


                                         

e questa "rausana".
Tutte le forme di pane vengono messe tra un canovaccio pulito con una coperta sopra per favorirne la lievitazione. Per l'appunto questa operazione viene detta "mintiri u pani o liettu". Per vedere se il pane ha raggiunto il giusto grado di lievitazione, mia mamma ne prende uno in mano e con l'altra vi batte sopra: se il rumore è cupo e tonante il pane è pronto da infornare. Un metodo più facile che uso io è quello di premere con il polpastrello dell'indice: se l'incavo creato torna su vuol dire che ci siamo. 



Intanto che il pane lievita si fa ardere il forno, rigorosamente a legna. Quando ha raggiunto la giusta temperatura...e voi direte:- Ma come si fa?- che si comprende con un metodo empirico, quando cioè la superficie del forno diventa bianca, si inforna il pane che dovrà cuocere non meno di 45 minuti. 
Quindi si sforna, si ripulisce dai residui di cenere e, se si resiste al profumo, si aspetta che si intiepidisca per poterlo sgranocchiare.

 


Semplicemente è il miracolo del pane! Non sembra una fiaba? 
E vissero per sempre felici e contenti.....