venerdì 26 ottobre 2012

Sapori della mia infanzia: la confettura d'uva

Mentre raccogliamo le ultime olive, tra le viti del mio orto, cosa intravedo?
Due grappoli dimenticati, tra le foglie quasi ingiallite, fanno capolino. Gli acini sono piccoli, giallo oro, dolcissimi. Mi torna in mente l'immagine di mia mamma che, quando io ero piccola, in questo periodo autunnale preparava tante conserve: in particolare era un evento realizzare la confettura d'uva. Perché era un evento?  Tutti dovevano dare il loro contributo a togliere da ogni singolo acino i semini, compresi i bambini. Era un lavoro lungo ma piacevole, in vista della dolcissima marmellata che ci avrebbe tenuto compagnia durante tutto l'inverno. Due fette di pane fatto in casa con la confettura d'uva era la mia merenda per la scuola. E' da tanto tempo che non la facciamo più, tutti presi da problemi di calorie e di chili superflui; dato che questo ritrovamento è stata una sorpresa proverò a prepararla, sicura che potrò solleticare anche la vostra curiosità.


Non è bellissima, ma è sicuramente biologica perché non usiamo insetticidi o pesticidi.


Comincio a "sgrappolare" gli acini  e li lavo molto bene.


Taglio a metà ogni acino e tolgo i semini; infine peso il tutto. In 800 g d'uva metterò 600 g di zucchero e il succo di un limone. Nella ricetta di mia mamma, la cottura era piuttosto lunga, a fuoco lento, data l'alta percentuale d'acqua contenuta nell'uva: il risultato era una confettura color ambrato. Se volete diminuire il quantitativo di zucchero potete usate il fruttapec 2:1, che vi consente di velocizzare anche i tempi di cottura.


Fate cuocere per almeno mezz'ora e quando sarà abbastanza densa la verserete nei barattoli.


Buon assaggio da Gufetta Siciliana!

Pillola di cultura: 

“Quannu a iurpi nunn’arriva a racina ricia ca è aria”

 ( quando la volpe non arriva all'uva dice che è aspra)





martedì 23 ottobre 2012

"Annuciri i ulivi" : come addolcire le olive nere


La varietà è la moresca: bisogna raccoglierle a mano dall'albero per non farle ammaccare, dato che sono morbide e polpose.


Bucherellatele con uno stuzzicadenti o con i rebbi di una forchetta. Se tenete alle vostre mani, fate questo lavoro con i guanti! Mettete le olive  in una ciotola.


Cospargetele quindi con una manciata abbondante di sale: ciò consentirà di far perdere loro l'acqua di vegetazione piuttosto amara. Dovranno rimanere così per alcuni giorni; le mie, per diventare dolci hanno impiegato otto giorni. Di tanto in tanto,  mescolatele e togliete dalla ciotola il liquido scuro che hanno emesso; se è necessario potete aggiungere una spolverata di sale.


Quando saranno diventate rugose e all'assaggio vi sembreranno abbastanza gradevoli, tuffatele per un minuto in acqua bollente: ciò consentirà di eliminare il sale in eccesso e di sterilizzarle, rendendo più sicura la loro conservazione.


Ora, dopo averle asciugate dall'acqua, ponetele in una teglia e fatele asciugare per un paio di giorni al sole. Attenzione: se vivete in campagna, guardatevi dalle gazze, perchè in men che non si dica, ve le divoreranno tutte. Un buon metodo è quello di proteggerle con un velo. Cosa dite? Che è una preparazione troppo lunga? In cucina, come con i mariti, ci vuole pazienza e resistenza a oltranza. Ma infine ecco il risultato: da leccarsi i baffi!


Le ho condite con olio nuovo, peperoncino fresco, origano, uno spicchio d'aglio.
Per conservarle un tempo si mettevano in barattoli con olio extra vergine d'oliva; io invece le congelo e poi quando serve, le condisco  al momento con gli aromi freschi.
Per dirla con le parole di mia suocera "A uliva nivira sta a tavula i re" ( l'oliva nera sta sulla tavola del re).






lunedì 22 ottobre 2012

Tempo di olive


Ottobre: chiunque abbia anche un solo albero d'ulivo, dovrà fornirsi di scala e tanta buona volontà. Questo è il nostro oro verde e bisogna metterlo subito in cassaforte. Anche a casa mia, ci siamo messi all'opera: teli stesi sotto gli alberi e via a "cutulari".


Le varietà presenti nel mio giardino sono la moresca, la biancolilla, la tonda iblea. Sceglierò le moresche per le olive nere da mensa e le più belle e sane delle altre da preparare in salamoia o "scacciate" ( vi spiegherò tra alcuni giorni il procedimento); tutto il resto partirà per il frantoio!
Curiosità: ancora oggi i nostri padri continuano ad usare i sistemi di misura, in riferimento al peso, che utilizzavano i loro antenati. Niente di strano quindi che si senta parlare di "una sarma ri ulivi" che corrisponde a 240 kg;  sottomultiplo della sarma è "u tumminu" (che corrisponde a un sedicesimo della sarma). 



Ora che le ho selezionate, dovrò armarmi di guanti e tanta pazienza.

sabato 20 ottobre 2012

"Scacce" di cipolla e pomodoro


Dopo una capatina a Milano, non vedevo l'ora di tornare a casa e, per dimenticare al più presto possibile quell'aria tetra, niente di meglio che sentire il profumo delle scacce: scusate cari amici lombardi, ma tra Milano e Sampieri non c'è proprio paragone).

Per il ripieno: cipolle bianche, passata di pomodoro, caciocavallo grattugiato, pepe nero, basilico, olio extra vergine d'oliva.
Affettate finemente le cipolle, meglio se sono quelle di Giarratana perchè molto dolci.
Fatele  soffriggere  con olio d'oliva in una padella; io le faccio appassire in padella con il coperchio senza olio, sia  per una scelta light sia perchè preferisco il sapore dell'olio a crudo.
Salatele e quando saranno morbide, mettetele in un colapasta in modo che possano perdere l'acqua di vegetazione in eccesso.
Intanto in un'altra padella fate addensare la passata di pomodoro ( quella che usiamo noi è sempre fatta in casa e nello specifico è polpa di datterino) con sale, olio, basilico.
In una ciotola unite la cipolla, il pomodoro, una abbondante manciata di caciocavallo ragusano, un pizzico di pepe nero e olio extravergine con molta generosità.
Intanto che il ripieno si insaporisce, preparate la sfoglia.
Semola di grano duro, olio d'oliva, una noce di strutto, sale, acqua quanto basta per ottenere un impasto elastico, ma non troppo morbido. Potete mettere, se volete, anche un pizzico di lievito di birra: anticamente infatti le scacce venivano fatte con la pasta di pane resa più friabile dall'aggiunta di olio.
Stendete delle striscie di sfoglia sottilissima: le donne modicane sono imbattibili in questo e io, pur essendo sciclitana, seguo la loro tradizione; ricoprite quindi la sfoglia con il ripieno.
Ripiegate ogni striscia su sè stessa più volte e infine chiudete le estremità con un bordino che noi chiamiamo "u miliddu".
Sistemate le scacce su una placca rivestita di carta forno e ungete la loro superficie con olio d'oliva; anticamente venivano usati  "i lanni", teglie di latta artigianali.
Infornate per  mezz'ora almeno,  a 200°. 
Gustatele calde, tiepide, fredde: sono sempre buonissime!















domenica 14 ottobre 2012

... spaghetti alla chitarra

SECONDA PUNTATA


Semola di grano duro e uova: un uovo per ogni persona. Impastare bene e prepararsi a tirare la sfoglia: è di rigore il mattarello affinché sia più ruvida e prenda bene il sugo.


Oggi in cucina c'è aria di sfida: il figlio sfida la madre! Riuscirà a tirare una sfoglia rotonda?


E' dura ammetterlo: c'è riuscito!
Tirata la sfoglia, la tagliamo in pezzi e prendiamo la chitarra. Questo è un oggetto comprato in uno dei nostri viaggi, in un paesino dell'Abruzzo, Scanno. Noi amiamo molto l'Abruzzo, la sua gente, la sua cucina e i nostri amici. Tutto ciò a cui siamo legati entra a far parte della nostra cucina, quindi non è strano che i nostri menù siano un miscuglio di cucine regionali: l'impronta sicula però predomina .


Appoggiata la sfoglia sulla chitarra, passiamo il mattarello sopra.


Si pizzicano le corde e gli spaghetti cadono giù.


Li distribuisco  sulla spianatoia, "u scanaturi", in modo che non si attacchino:


intanto che l'acqua bolle, guardate che orizzonte gastronomico!!!


Appena vengono a galla sono pronti; scolateli e sistemateli su un letto di quel fantastico sugo.



Guarnite con un bel pezzo di cinghiale, con delle foglie d'alloro e una nevicata di ragusano DOP.
Questo ragazzo è un portento: oltre a dare una veste più professionale al mio blog, sa anche cucinare!
Adesso, tutti a tavola perché la bontà non si fa aspettare!








venerdì 12 ottobre 2012

Pranzo della domenica: sugo di cinghiale e...

PRIMA PUNTATA

Il pranzo della domenica è per noi siciliani il clou della settimana : devi cucinare tanto, per lungo tempo e per il doppio delle persone che hai a pranzo; ci sarà sempre qualcuno che dice: " saiddu se abbasta". Oggi si deve fare il sugo e quindi bisogna alzarsi presto in modo che il suo profumo pervada la casa e svegli quelli della famiglia che si concedono un risveglio tardivo.



Faccio soffriggere della cipolla di Giarratana con olio extravergine e una foglia d'alloro.

                                      

Aggiungo quindi dei pezzi di coscia di cinghiale: l'ho trovato in una bella macelleria di Modica!
Faccio rosolare bene e sfumo con un bel bicchiere di vino rosso: quale vino? Ma quello di mio papà, s'intende!


Ora è il momento del pezzo forte  "u strattu", il nostro meraviglioso concentrato di pomodoro datterino fatto in casa!


Aggiungo dell'acqua per diluirlo, metto il coperchio e faccio sobbollire per un paio d'ore.


Questo è il risultato: da leccarsi i baffi! E non è ancora finita. Perché dovete sapere che il sugo si sposa  a meraviglia con la "pasta 'mpastata", quindi non ho ancora finito di lavorare! Alla prossima puntata!


martedì 9 ottobre 2012

FRUTTI DIMENTICATI: I CORBEZZOLI



Il suo nome botanico è Arbutus unedo; i suoi frutti sono tondi 

e rugosi, di colore giallo tendente all'arancione-rosso e hanno 

la particolarità di spuntare quando sulla pianta ci sono i fiori.


Ha un sapore dolce, un po' simile al fico d'India anche perchè 

è pieno di piccolissimi semini. Ho realizzato  una 

confettura, ma è stato un lavoro lungo e laborioso proprio a 

causa di questi semini.


La pianta è uno spettacolo: sempre verde e così addobbata con frutti e fiori sembra un albero di Natale!
Mettetene una nel vostro giardino.



domenica 7 ottobre 2012

LE POLPETTE DELLA NONNA

In queste domeniche d'autunno si va insieme a tutta la famiglia a raccogliere le olive; non scappa nessuno! Bisogna mettere da parte l'olio per l'annata e quindi pazienza. Il fine settimana passa quindi a "cutulari ulivi" e tra una chiacchiera e un mal di schiena arriva l'ora di pranzo: c'è aria di pic-nic. Fino a pochi anni fa la mitica nonna Carmelina preparava ogni ben di Dio per tutti, soprattutto per rinforzare "l'uomini ca travagghiunu"; nel menù tradizionale del  pic- nic  della raccolta delle olive e di quella delle carrube c'erano sempre le polpette che io oggi vi propongo e che a casa mia si mangiano spesso proprio perchè rimandano la mente a quelle belle esperienze.



Schiacciare delle patate lesse;


aggiungere della carne trita di vitello e di maiale, del pangrattato, del caciocavallo grattugiato, uova ( quelle che renderanno l'impasto morbido), prezzemolo tritato, uno spicchio d'aglio schiacciato o dell'erba cipollina, pepe nero e un po' di scorza di limone grattugiata.


Impastare bene, meglio se  fate riposare qualche ora in modo che si insaporisca bene; formare delle polpette e friggerle in olio d'arachide.


Pronte! In mezzo a una bella pagnotta, seduti all'ombra di un ulivo: cosa chiedere di più alla vita?




giovedì 4 ottobre 2012

Pappardelle con i cavoli






E che cavoli! Nell'orto in cerca di verdure per preparare un primo della tradizione contadina: con cavoli, pomodoro e poco altro, un pranzo coi fiocchi.



Taglio le foglie più tenere e sbuccio la parte carnosa del cavolo che in dialetto chiamiamo
" u trunzu". Li tuffo in acqua bollente salata e faccio cuocere per alcuni minuti. Non butto l'acqua di cottura perchè mi servirà per la pasta.


Faccio rosolare in padella aglio, olio e peperoncino.


Completo la cottura dei cavoli in padella e li faccio insaporire con un po' di passata di ciliegino.



Pappardelle fatte in casa sono la giusta conclusione, ma se andate di fretta anche quelle pronte andranno benissimo!