lunedì 29 settembre 2014

Mostarda di mosto d'uva

 


Ogni periodo dell'anno ha le sue specialità culinarie, specialmente se ciò che prepariamo ha come ingrediente principale qualcosa di rintracciabile solo in un determinato periodo; nella Sicilia orientale si sta concludendo il periodo della vendemmia per cedere il posto a quello della raccolta delle olive. Tipico dolce realizzato con il mosto d'uva è quello che vi vado a raccontare oggi: si chiama "mustata" o "mustarda" a seconda delle zone; è un dolce a lunga conservazione nel senso che si conserva per tutto l'inverno e non necessita di frigorifero. Al tempo dei miei nonni le formelle di mostarda dura venivano regalati ai bambini nella festività dei "morticini" insieme alle melagrane o a qualche forma di cotognata. Quello che vedete nella foto è il mosto appena ricavato dalla spremitura dell'uva; è chiaro che non è facile ottenerlo in casa: si  va a prenderlo nei palmenti! Va sottoposto però ad una serie di operazioni che lo stabilizzeranno e ne esalteranno la dolcezza all'ennesima potenza! Innanzi tutto si mette in una pentola e gli si fa raggiungere l'ebollizione per bloccare la fermentazione degli zuccheri.




Ed ecco che arriva l'ingrediente "magico"! In realtà possono essere due: a seconda delle zone viene usata o cenere di legna non resinosa o la "petra morta" che è un tufo che si trova nella mia zona. Nel caso della pietra, questa va pestata fino a ridurla in una polvere sottile (quella che vedete in foto).


Si versa una delle due polveri (50 g circa in 4 litri) e si assiste ad una reazione chimica.


Si toglie la schiuma che si forma in superficie e si lascia riposare per alcune ore.


Si filtra più volte in modo da eliminare qualsiasi residuo per ottenere un bel liquido rosso rubino, chiaro e dolcissimo (chiaramente il colore varia a seconda delle uve utilizzate).


A questo punto misuriamo il mosto e facciamo sciogliere 100 g di amido per ogni litro. Anticamente veniva usata la semola di grano duro.


Aromatizziamo con qualche buccia di arancia e un pizzico di cannella e facciamo addensare mescolando continuamente.


Quando avrà la consistenza di una crema, togliere dal fuoco e versare nelle classiche formelle siciliane ( le mie sono antiche).


Fate raffreddare in frigo, sformate il dolce e servitelo su foglie di vite con filetti di scorza d'arancia,  mandorle tostate e cannella. Paradisiaco!
All'inizio del post ho però parlato di una mostarda a lunga conservazione: infatti le formelle appena sformate possono essere messe su di un vassoio, coperte da un tulle, ad asciugare all'aria (non sole diretto). In questo modo, dopo alcuni giorni, la mostarda assumerà la consistenza di una caramella gommosa. Va conservata avvolta in carta da forno in un luogo fresco e asciutto.


lunedì 22 settembre 2014

Gelato settembrino alle pesche


Con le ultime pesche ho realizzato un gelato niente male, fresco, leggero e rinfrescante: qui in Sicilia sembra ancora estate piena!


Ingredienti: 500 ml di pesche frullate ( io ho utilizzato una volta le tabacchiere e un'altra volta le settembrine), 10 g di glucosio, 5 g di farina di semi di carrube, 100 g di miele millefiori, 2 vasetti di yogurt bianco, due cucchiai di latte.



Nel frullatore mettere le pesche sbucciate, il glucosio e il miele. Fare frullare.


Mettere il latte in un pentolino, fare intiepidire e aggiungere la farina di semi di carrube. Mescolare bene e unire al frullato.


Aggiungete al frullato anche lo yogurt, mescolate e fate raffreddare bene in frigo. Fate mantecare nella gelatiera, quindi passate in freezer un paio d'ore per stabilizzare il gelato.


Servite decorando con fettine di pesca, mandorle caramellate, decorazioni di cioccolato.... insomma tutto ciò che la vostra fantasia vi suggerisce!


mercoledì 17 settembre 2014

Fichi e ... dintorni


Sono gli ultimi fichi della stagione, quindi ho deciso di conservare la loro dolcezza: una parte li farò essiccare, l'altra diventerà una golosa confettura.


I fichi sono già molto dolci quindi non voglio esagerare con la percentuale di zucchero; userò 500 g di zucchero di canna in 1 Kg di fichi; aggiungo il succo di un limone, una scorza e nient'altro.
                                         
                                          

                                      

Faccio cuocere a fuoco dolce; quando avrà raggiunto la densità adeguata, tolgo la buccia di limone.

                                     

Per ottenere una consistenza più omogenea, utilizzo il mixer.

                                    

Aggiungo un cucchiaino di cannella e rimetto sul fuoco per riportare a bollore.

                                    

Riempio i barattolini che ho sterilizzato in forno caldo, chiudo bene e capovolgo per ottenere il sottovuoto. La mia confettura è pronta.


Per l'altra conserva invece la fatica sarà minima perchè mi aiuterà il nostro splendido sole. Taglio a metà i fichi e li dispongo su un vassoio di bambù (oppure potete utilizzare il legno).


Copro il vassoio con del tulle (altrimenti gli uccelli non mi farebbero trovare nulla) e lo metto al sole.


Dopo due giorni ecco il risultato: in dialetto si chiamano "ficuzzi" e sono pronti per essere gustati così, al naturale, o per essere utilizzati in strepitose ricette dolci della tradizione!

venerdì 12 settembre 2014

Ravioli integrali alle patate e prosciutto


Quando avete voglia di un primo goloso, ma non avete molti ingredienti a disposizione, eco la soluzione!


Per il ripieno (4 persone): frullate due belle patate lesse insieme ad un etto di prosciutto cotto, aggiustate di sale e pepate. Aggiungete due cucchiai di parmigiano grattugiato.


La sfoglia voglio farla utilizzando metà semola di grano duro (150 g) e metà farina integrale (150 g); impasto con 3 uova e la stendo con la macchinetta.


Distribuisco il ripieno e chiudo i ravioli servendomi della rotella tagliapasta.



Faccio bollire i ravioli in abbondante acqua salata; quando vengono a galla sono pronti.


Il condimento? niente di più semplice: burro, salvia e parmigiano!


giovedì 11 settembre 2014

Insalata di fagioli "cosaruciari" di Scicli


Io vivo a Scicli, una splendida cittadina barocca, dichiarata qualche anno fa patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. Ha un'economia fondata sull'agricoltura intensiva ma tradizionalmente l'immagine che evoca , così come tutta la provincia di Ragusa, è quella dei campi delimitati dai tradizionali muretti a secco in cui si stagliano i secolari carrubi, i mandorli, gli ulivi. Oltre alle primizie più famose del territorio sciclitano, come ad esempio il datterino, si sono riscoperte delle coltivazioni che rischiavano di andare perdute: una di queste è il fagiolo "cosaruciaru" (in dialetto significa "cosa dolce"); è un fagiolo bianco con piccole macchioline marroni intorno all'ilo. Un tempo veniva coltivato nelle "cannavate", terreni alluvionali, vicini ai torrenti, poi gradualmente è scomparso. Se non fosse stato per l'attaccamento alle tradizioni di un gruppo di agricoltori che hanno continuato a coltivarlo nei propri poderi, oggi non avremmo la possibilità di gustarne la bontà. E' diventato presidio SLOW FOOD nel 2012, ma resta ancora un prodotto di nicchia perchè la produzione è limitata.


E' un fagiolo molto digeribile, cuoce facilmente, non ha bisogno di essere messo in ammollo per molte ore prima di essere cucinato. Si prepara una gustosa zuppa e si accompagna tradizionalmente con tagliolini all'uovo fatti in casa " pasta mpastata ca casola cosaruciara". 
Oggi invece, dato che ancora fa caldo e ci piacciono piatti freschi, lo preparerò in insalata e lo servirò come gustoso contorno.




Faccio bollire i fagioli in acqua alla quale ho aggiunto una foglia d'alloro. Non li ho messi a bagno prima.



Quando sono teneri aggiungo il sale , li scolo e li passo sotto un getto di acqua fredda.



Preparo un trito di sedano, peperoncino fresco, cipolla di Giarratana a rondelle.


Condisco con abbondante olio extravergine d'oliva dei Monti Iblei, origano e una spruzzata d'aceto. Provate e non ve ne pentirete!





lunedì 8 settembre 2014

Uva, mosto e i dolci iblei della vendemmia




Tempo di vendemmia: anche la mia famiglia ha una piccola vigna che ci consente di "farci" il vino in casa. Abbiamo attrezzato un mini-palmento che ci consente di realizzare tutte le fasi in completa autonomia.    Dopo aver staccato i grappoli dalle viti, ci si separa: gli uomini al palmento per la spremitura e le donne a casa, a preparare gli ingredienti necessari per la realizzazione di un dolce tradizionale e molto antico che a Scicli chiamiamo "cuddureddi" mentre nella vicina Modica chiamano "lolli nto' mustu". Il primo mosto che sprizza dagli acini viene subito portato a casa prima che inizi la fermentazione, la quale viene bloccata con una prima bollitura. Dopo che si è intiepidito, viene aggiunta una manciata di cenere di legna o di pietra calcarea frantumata: questo passaggio renderà il mosto chiarificato e particolarmente dolce. Passate alcune ore, bisognerà filtrare il tutto per eliminare i residui e rimettere sul fuoco. Dovrà ridursi della metà.



Nel frattempo, lavoriamo della semola di grano duro con acqua fredda fino ad ottenere un impasto elastico. Calcolate che per un kg di farna vi serviranno 3 litri di  mosto ristretto.  La tradizione vuole che questo sia un dolce da condividere con tutte le persone a noi care, per festeggiare la vendemmia, per cui a casa mie le quantità sono industriali.

Mentre le mani di mia mamma stendono una sfoglia sottile, io preparo questo dolce intruglio fatto di mandorle tostate e macinate, zucchero, cannella, limoncello. Questo ripieno mi servirà per realizzare dei fagottini che noi chiamiamo "trusciteddi", che arricchiranno ancora di più questo dolce.



Non sono carini? Con la pasta restante tiriamo una sfoglia più spessa, tagliamo dei piccoli rettangolini e realizziamo dei cavatelli, che possono essere lisci o rigati su una forchetta.

 

Dopo un pomeriggio passato con le mani sulla spianatoia ( "u scanaturi"), finalmente è arrivato il momento di tuffare il tutto nel mosto che bolle.

Il profumo che emanano fa andare fuori di testa!
Quando il mosto sarà diventato sciropposo, è il momento giusto per impiattare. Cospargiamo con mandorle tritate grossolanamente e cannella.



Un concentrato di dolcezza da far venire la pelle d'oca!